Dall’ingeneroso “Yankee go home” al più costruttivo “Biden fermati”

L’esito delle elezioni è chiaro: la maggioranza degli italiani spera in un cambiamento della gestione della cosa publica e una contestuale ripresa economica.

È fallita la pressione dei giornali mainstream per convincere l’opinione pubblica che la scelta di Mattarella di mettere Draghi a capo del governo era per il bene del Paese.

Ne sa qualcosa la Lega che ha perso l’intero elettorato d’opinione (circa 2,5 milioni di voti), evidentemente ostile alle scelte fatte di governare, prima con i 5Stelle e poi con tutti gli altri partiti, FdI escluso.

Senza giri di parole: Draghi non piace al popolo italiano e coloro che lo sostengono, un’infima minoranza, lo fanno consapevoli di compiacere a quei poteri che egli rappresenta.

Non occorre il cervello di Einstein per capire quali siano gli interessi che tutela il Primo ministro uscente; interessi che coincidono con quelli dell’attuale establishment statunitense strettamente collegato alle grandi multinazionali e a diversi gruppi finanziari (compresi quelli particolarmente abili in operazioni speculative).

Il presidente americano Biden, parlando mercoledì 29 Settembre ad una riunione di democratici, s’è lasciato sfuggire un commento sulle elezioni italiane pronunciando una frase che la dice lunga sull’opinione che egli ha sul nascente governo di centro-destra: «Avete visto ciò che è accaduto in Italia? Aspettatevi fatti molto gravi nell’immediato futuro»

Appare sempre più evidente che molti italiani hanno compreso come il Pd, Calenda e Renzi siano gli alfieri di quell’oligarchia internazionale – espressa dal Forum di Davos e sostenuta anche dal governo statunitense – che ha in uggia la democrazia e mira ad eliminare la sovranità dei popoli.

Ai democratici statunitensi (non sappiamo se i repubblicani siano dello stesso parere) fa comodo un’Europa asservita ai loro interessi e forse non disdegnerebbero neppure un’Europa divisa e, di conseguenza, non competitiva. Insomma l’egemonia spetta agli Usa e i Paesi occidentali, con le buone o con le cattive, si devono adeguare.

In Italia la supremazia di Washington non è contestata perché il modello statunitense, tutto sommato, è condiviso dai più. Ci sono però, alcuni aspetti che alla maggioranza degli italiani non piacciono, almeno per come sono intesi e praticati dall’intellighenzia che oggi guida la società nordamericana.

Alludiamo ai diritti civili (unioni gay, aborto, eutanasia) e ad alcune decisioni assunte in politica estera come la vicenda ucraina.

L’Italia ha sempre onorato tutti gli impegni assunti dalla Nato a trazione statunitense, ma non tutti gli obiettivi che l’Organizzazione s’è data sono stati condivisi dal popolo italiano.

Prova ne è ciò che sta accadendo in Ucraina, appunto, dove l’Italia, in solido con tutti i Paesi che aderiscono alla Nato, invia armi prolungando una guerra che, di fatto, non sente; e non solo perché sta pesantemente danneggiando la propria economia.

Ancora una volta risulta evidente la dicotomia tra il Paese reale e la propria classe dirigente. Da troppo tempo gli italiani avvertono di essere succubi di interessi stranieri.

È dell’altro ieri la notizia degli attentati ai gasdotti Nord Stream che portano il gas dalla Russia alla Germania e che ha come conseguenza il fatto che ora l’unico modo di far pervenire gas a Berlino e dintorni sarà quello di passare dai gasdotti ucraini.

Lasciamo perdere, per ora, le indagini per individuare l’autore dell’attentato e valutiamone le conseguenze. Il rubinetto del gas ora è nelle mani dell’Ucraina e l’economia tedesca e, di riflesso, quella del Vecchio Continente sono ancor più in ginocchio. A chi giova tutto ciò? Più che un sospetto appaiono ormai una certezza gli atti di Biden e compagni volti ad accentuare la divisione tra Europa e Russia.

Il nuovo governo che sta per insediarsi a Roma, senza incrinare l’alleanza atlantica, dovrà tenere conto del sentimento (e dell’interesse) degli italiani. Non sarà facile far capire ai “fratelli maggiori americani” che le loro politiche non sono state sempre oculate, ma qualche parola franca, in questo senso, dovrà essere spesa.

Non si può scatenare un conflitto con l’uso della forza nucleare per conservare una leadership mondiale quando è palese che sul pianeta ormai si sono affermate altre potenze, che pretendono uguali dignità e rispetto, come la Russia, la Cina o l’India. Washington deve comprendere che San Pietroburgo e Mosca sono città europee e che la competizione, eventualmente, è solo con Pechino.

Il generale Morabito, nostro apprezzato collaboratore, ha rilasciato un’intervista al Messaggero in cui spiega che anche il referendum nelle regioni occupate dalla Russia in Ucraina, paradossalmente, potrebbe non essere farlocco, come da molti ritenuto in Occidente, perché a votare potrebbero davvero essere stati i cittadini russofoni, mentre gli altri, gli eventuali oppositori, avrebbero da tempo già abbandonato i territori.

L’8 Novembre una battuta d’arresto dei democratici alle elezioni di metà mandato delle elezioni statunitensi potrebbe innescare quel processo di pace con la Russia di cui il mondo intero ha tanta urgenza.

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